“Io ci sto dentro a questa merda e devo per forza mangiarne un po’.
Traccio una linea di merda sotto la quale non andare. Sopra questa linea si prende tutto. Pretendo molto da me….La mia linea di merda è tracciata, è alta ma un po’ di merda va mangiata. Molti la mettono bassissima, altri addirittura non la mettono. Altri la mangiano, pensando che sia cioccolata”.
Questa è la convinzione a cui arriva un ragazzo che fa i conti con le sue contraddizioni da quando è adolescente. Ha lottato per vivere da puro in questa società ma, ad un certo punto, realizza che è impossibile. Allora si dà delle regole. Ma non vuole arrendersi e prova ancora con più forza a cambiare il mondo: le masse non si intercettano però, non riesce a coinvolgere nessuno nella lotta e, quando ci prova, arriva un’ulteriore consapevolezza: “chi cazzo sono io per spiegare a Giuseppe, 21 anni di fabbrica con le mani gonfie, che deve rinunciare a entrare al lavoro, che deve scioperare perché non si rende conto che è sfruttamento”
L’unica strada che vede di fronte a sé è alzare il conflitto, agire con violenza, distruggere i simboli della società che lo strozza da quando è nato.
Lo fa con la testa, mai con la pancia; il suo è un ragionamento non un istinto.
Il black bloc non è un etichetta politica ma uno schema preciso da realizzare durante le manifestazioni: uno schema di violenza non animale ma profondamente umana.”
Drammaturgia: Riccardo Ricciardi
Regia: Riccardo Ricciardi
in scena: Giulio Maroncelli
Disegno luci: Daniele Passeri
Foto di scena: Studio 47
Produzione: Il Giardino delle Parole, Lunatica Festival
Debutto: Lunatica Festival, Ex Ospedale San Giacomo, 27 Luglio 2015